Il
marchio italiano non è solo pasta e tarallucci del mulino bianco, bensì una
“magica unione” di finanziatori ed alleati, soprattutto produttori di armi: ad
esempio il micidiale cannone 20 millimetri (Oerlikon) adottato con furore
da Hitler e in seguito
dai dittatori di mezzo mondo. Anda-Bührle e Barilla: una saga di famiglie
d’altri tempi. Generazioni e identità accomunate dal senso della produzione e
vendita al miglior offerente, ingraziandosi il consenso popolare mediante
pubblicità dilagante sui mass media. Occhio, non è tutta d’un pezzo la
proprietà: la ditta parmigiana in attività dal 1877 non è quotata in borsa, ma
vanta un socio storico imbarazzante. Per dirla con uno spot che addomestica le
coscienze: “scopri il mondo di casa Barilla, iscriviti e diventa protagonista”.
Detto e fatto: gratta… gratta vai a fondo. L’accordo della serie latina “pecunia
non olet”, risale al passato remoto, appena sbianchettato. Infatti, nell’anno
1979 Hortense Bührle (maritata Anda) – figlia del famigerato Emil Georg (al
soldo di Hitler) e sorella del pregiudicato Dieter (responsabile della morte in
Africa di milioni di innocenti, prevalentemente donne e bambini, come accertato
dall’Onu) nonché madre dell’ingegnere Gratian – investe 10 milioni di dollari
per acquistare il 15 per cento della nota marca emiliana. La Barilla è a caccia
di denaro fresco: ha bisogno di iniezioni in moneta sonante senza andare troppo
per il sottile. Hortense (nata il 18 maggio 1926, originaria di Ilsenburg am
Harz, ma naturalizzata a Zurigo nel 1937) ha sposato nel 1964 il pianista Géza
Anda. Nel 1969 la gentildonna ha un figlio di nome Gratian, che in seguito
diviene ingegnere elettronico, nonché consulente di direzione della McKinsey. Secondo il Dizionario Storico della Svizzera (Historisches Lexikon der Schweiz, Band, 1,
322) la signora è a tutti gli effetti:
“Coerede
e grande azionista del gruppo industriale Bührle, dal 1956 ha fatto parte dei
consigli di amministrazione della Oerlikon-Bührle Holding AG, della Bally
International AG e della Ihag Holding AG”.
Chi
sono i Bührle-(Anda)?
Scomodiamo a tal proposito, tra le innumerevoli fonti informative ben
documentate a disposizione, proprio uno studioso elvetico (mai smentito),
ovvero Jean Ziegler che nel
1997 per la casa editrice Mondadori ha pubblicato il saggio, La
Svizzera, l’oro e i morti. Alle pagine 175-179 si legge:
I
fabbricanti d’armi svizzeri furono particolarmente preziosi per Hitler. La
Svizzera è leader mondiale nella meccanica di precisione: i congegni di
puntamento dei cannoni svizzeri, la precisione delle mitragliatrici e dei
mortai, i cannoni antiaereo a tiro rapido erano (e restano) i migliori del
mondo. Hitler ne ordinò decine di migliaia; l’addestramento degli artiglieri –
sia dell’esercito sia delle SS – destinati a manovrarli si svolse sotto la
direzione svizzera. L’industria bellica elvetica presentava un ulteriore
vantaggio: poiché produceva in territorio neutrale, non veniva bombardata dagli
Alleati. La fabbrica di armi di gran lunga più potente del paese, che era anche
una delle maggiori del mondo, apparteneva a un figlio di emigrati del
Wurtemberg: Emil Bührle. Le sue officine erano situate soprattutto a
Zurigo-Oerlikon. I suoi affari con il Reich gli fruttarono guadagni
considerevoli: tra il 1939 e il 1945 le sue entrate ufficiali passarono da 6,8 a
56 milioni di franchi svizzeri e il suo patrimonio personale da 8,5 a 170
milioni. Bührle era amico personale di Albert Speer, il ministro nazista degli armamenti e della
produzione di guerra, nonché del barone von Bibra, un consigliere di legazione che fu
forse l’intermediario più importante tra i dirigenti nazisti e gli industriali
svizzeri. Bührle era un habitué delle cene offerte da Otto Carl Köcher,
l’ambasciatore tedesco a Berna. A partire dall’estate del 1940 fino alla
primavera del 1945, il gruppo Bührle fu quasi esclusivamente al servizio di
Hitler. Nel 1941 offriva lavoro a 3761 persone, vale a dire tre volte di più che
all’inizio della guerra. In origine, la Bührle-Oerlikon fabbricava macchine
utensili, ma in seguito all’invasione della Polonia si riconvertì agli
armamenti: nel 1940 le armi e le munizioni rappresentavano il 95 per cento di
tutta la sua produzione. Il punto forte del suo catalogo era il cannone
antiaereo da 20 millimetri, molto apprezzato da Hitler, in quanto abbatteva un
gran numero di aerei alleati. Bührle era il caratteristico padrone da lotta di
classe; aveva orrore dei sindacati, in special modo del coraggioso leader
sindacale e deputato di Zurigo Hans Oprecht (…) Per la cronaca, bisogna sapere
che la vittoria spiacevolmente rapida degli Alleati impedì a Bührle di smaltire
tutte le sue scorte di cannoni; molte delle forniture ordinate dai nazisti
restarono a Oerlikon dopo il 1945. Tuttavia, anche dopo il suicidio del suo
miglior cliente, Bührle seppe trovare una soluzione: cominciò a esportare le sue
armi di morte nel Terzo Mondo. La guerra del Biafra durò dal 1967 al 1970 (…) Le Nazioni Unite
decretarono il blocco economico e militare nei confronti del Biafra e la
Svizzera aderì alla proibizione di esportare armi. La guerra fece due milioni di
vittime, principalmente donne e bambini. Il Biafra capitolò e nelle sue caserme
gli ispettori dell’Onu trovarono dozzine di cannoni Bührle. Alcuni recavano
ancora la croce uncinata e i numeri di serie tedeschi: si trattava delle
forniture Oerlikon, già pagate dai nazisti e pronte a essere loro consegnate,
che Bührle aveva rivenduto a Ojukwu. Per questo eccellente affare, Dieter Bührle
– erede di suo padre Emil – fu condannato dal tribunale federale a una multa di
20.000 franchi svizzeri per non aver rispettato l’embargo (…) I fornitori
svizzeri di Hitler facevano i loro affari in un ambito in cui i valori etici non
avevano importanza.
Nel
dopoguerra, la famiglia Bührle-Anda ha venduto armi a paesi sotto embargo e
regimi notoriamente dittatoriali: Sudafrica, Nigeria, Indonesia, solo a citarne
alcuni. Secondo il quotidiano spagnolo El Mundo, nel 1999 anche i bombardamenti
con munizioni all’uranio impoverito (DU) in Kosovo, sono stati realizzati grazie
alla produzione di questa benemerità famiglia elvetica di origini tedesche.
L’European Network Against Arms Trade ha documentato con prove inequivocabili
vendite di fucili d’assalto, razzi e missili contraerei all’Indonesia per 1,8
milioni di franchi svizzeri tra il 1982 e il 1993 attraverso la controllata
Contraves, nonostante l’embargo in corso per violazione dei diritti civili.
Sempre nel ‘93 grazie alle forti pressioni che la società bellica mise in atto
per convincere il Parlamento Svizzero ad autorizzarle, furono venduti
illegalmente armamenti per importi pari a 10 milioni di franchi. Nel 2000 il
gruppo Oerlikon-Bührle si è inventato un nuovo profilo mutando il nome in Unaxis e
diversificando gli investimenti in vari modi: ad esempio grazie ad un grazioso
albergo sul fronte svizzero del Lago Maggiore. I Barilla, comunque, entrano
personalmente in società con questi spietati mercanti di morte. Il denaro
insanguinato che ha alimentato conflitti a danno degli esseri umani più inermi
(senza valutare i defunti a causa della seconda guerra mondiale, solo in Biafra
2 milioni di vittime civili) – senza alcuna ombra di dubbio – è frutto della
produzione e del traffico di armamenti in paesi in cui l’unica regola è la
sopraffazione. Le armi, come noto, sono strumento essenziale di tutte le forme
peggiori del saccheggio globale moderno impastato di violenza. Nel 1999 il
gruppo Bührle passa di fatto a Gratian Anda. Il 10 ottobre 2001 (e-mail delle
ore 15:57:58, acquisita integralmente e legalmente dal giornale Italia Terra
Nostra), un dirigente aziendale di rilievo, tale Armando Marchi scrive:
sono
il responsabile delle Relazioni Esterne del gruppo Barilla.
Mi permetto di osservare che, se si eccettua il periodo dal 1973 al 1979 (in cui è stata di proprietà della multinazionale Grace),
la Barilla è dal 1877, anno della sua fondazione,saldamente in mano alla famiglia Barilla,
che ha sempre vissuto dei frutti del lavoro in campo alimentare.
Il signor Gratian Anda, che tra l’altro non è nel Consiglio di Amministrazione del Gruppo Barilla,
rappresentava una quota di minoranza (il 15%) detenuta da una Società finanziaria olandese:
un investitore meramente finanziario, non un’industria bellica.
Non abbiamo mai utilizzato la correttezza come strumento di marketing, e ritengo anche che non sia immeritata la trasparenza che ci viene riconosciuta dalla “Nuova Guida al consumo critico”.
Mi permetto di osservare che, se si eccettua il periodo dal 1973 al 1979 (in cui è stata di proprietà della multinazionale Grace),
la Barilla è dal 1877, anno della sua fondazione,saldamente in mano alla famiglia Barilla,
che ha sempre vissuto dei frutti del lavoro in campo alimentare.
Il signor Gratian Anda, che tra l’altro non è nel Consiglio di Amministrazione del Gruppo Barilla,
rappresentava una quota di minoranza (il 15%) detenuta da una Società finanziaria olandese:
un investitore meramente finanziario, non un’industria bellica.
Non abbiamo mai utilizzato la correttezza come strumento di marketing, e ritengo anche che non sia immeritata la trasparenza che ci viene riconosciuta dalla “Nuova Guida al consumo critico”.
Incongruenze
o sgangherate menzogne dalle gambe corte? Il nipote di Emil George Bührle nel
2000 ha ricoperto la carica di vice presidente della Barilla; attualmente è
consigliere di Barilla
Iniziative S.r.l., anche se nel Bilancio 2009 il suo nome non si legge
addirittura. Prove? A iosa. Il documento ufficiale di casa Barilla denominato
“Corporate Governance” indica – nella società a responsabilità limitata Barilla
Iniziative S.r.l. – tra i consiglieri, vicino ad Emanuela Barilla (sorella del
presidente Guido Maria) proprio il convitato di pietra, detto altrimenti Gratian
Anda (nato a Zurigo il 22 dicembre 1969), in buona compagnia degli inseparabili
Nicolaus Issenmann e Robert Singer. Lo stesso Issenmann (per gli amici
semplicemente Nico) siede accanto a Guido Maria Barilla nella società
controllata dal Gruppo, meglio detta Lieken AG. Se Pietro Barilla pagava
tangenti miliardarie sotto spinta di Silvio Berlusconi attingendo da conti
segreti svizzeri, il figlio Guido Maria, attuale presidente del Gruppo forse non
ha mai sfogliato un libro di storia contemporanea o una rivista di cronache. A
lui il giornale Italia Terra Nostra ha chiesto chiarimenti che però latitano. Il
rampollo è troppo indaffarato negli Usa? Appunto la morale di facciata, o
meglio, fuori tempo limite che scomoda addirittura Kant. Meno male che il
consiglio di amministrazione della Barilla – in “zona Cesarini”, si fa per dire
– il 4 marzo 2005 ha recuperato terreno almeno sulla carta, approvando un Codice
Etico di 24 cartelle. Nel testo, a pagina 11 è inciso:
“Barilla
considera come punti irrinunciabili nella definizione dei propri valori la
Dichiarazione universale dei Diritti Umani dell’Onu”.
Belle
parole, o forse chiacchiere al vento, anzi fumo negli occhi degli ignari
consumatori. Ma la sostanza? Magari un ravvedimento all’ultimo istante dei
fratelli e sorella Barilla (Guido Maria, Luca, Paolo, Emanuela)? Nulla, per ora.
Il dna parmense non tradisce il lauto business. Narrano le cronache del
quotidiano Il Corriere della Sera (12 luglio 2008):
La
famiglia Barilla «premia» il socio svizzero Anda-Bührle. Accelera il riassetto
del gruppo: più peso agli azionisti storici. La Finba Iniziative concentrerà
altre attività e sarà partecipata all’ 85% da Barilla Holding e al 15% dagli
elvetici. Riassetto al vertice del gruppo Barilla che dopo molti anni
ridefinisce i rapporti con il socio di minoranza storico (15%), la famiglia
svizzera Anda-Bührle, entrata alla fine degli anni Settanta. Le modifiche nella
governance e nelle relazioni partecipative stanno entrando in questi giorni
nella fase esecutiva con la fusione in Barilla G e R Fratelli, la capogruppo
industriale, di quello che fino a ieri è stato il veicolo societario dell’
alleanza, la Relou Italia. Se i tempi saranno rispettati, già dalla settimana
prossima la partnership dovrebbe trasferirsi nella nuova holding Finba
Iniziative. Tuttavia non è solo un’ operazione di facciata ma vi è la sostanza
di un riassetto societario che accompagna una riorganizzazione industriale al
termine della quale il 15% della famiglia Anda avrà più «peso». Nella nuova
configurazione, infatti, rispetto al passato saranno concentrate sotto la
società comune alcune attività che in precedenza erano fuori dall’ area di
influenza degli svizzeri. Secondo una versione che circola in Barilla, si tratta
di una specie di premio fedeltà dopo un periodo di turbolenza finanziaria dovuta
alla fallimentare acquisizione della Kamps, il gruppo tedesco del pane. Nel
dicembre scorso si era conclusa consensualmente la burrascosa stagione di joint
venture con la Banca Popolare di Lodi, entrata in Kamps a sostegno della Barilla
subito dopo l’ Opa del 2002. La cessazione del contenzioso ha portato il gruppo
della pasta al 100% di Kamps e Harry’ s (prodotti da forno) e contestualmente è
stata delineata una nuova struttura di rapporti con gli Anda-Buhrle. Il passo
successivo è stato, a marzo, l’ annuncio che le «bakeries» della Kamps, cioè la
rete di oltre 900 negozi (quindi non il business del pane industriale), erano in
vendita. Poi un mese fa la vendita di GranMilano alla Sammontana e ora sono
partite le operazioni più prettamente finanziarie. La prima è, appunto, la
fusione «al contrario» di Relou in Barilla Fratelli. «Al contrario» perché Relou
è socia al 49% di Barilla Fratelli che, lo ricordiamo, è la capofila
industriale. E in questo modo viene di fatto smantellato il vecchio schema della
partnership azionaria con i soci di minoranza. Il successivo step, che in questi
giorni sta per essere messo a punto, è il contestuale trasferimento dell’
alleanza in una nuova finanziaria, la Finba Iniziative, che sarà dunque
partecipata all’ 85% dalla Barilla Holding (100% famiglia) e al 15% dagli
svizzeri. E qui, come aveva scritto «Il Sole 24 Ore» anticipando le linee della
riorganizzazione, i due partner dovrebbero siglare un patto parasociale la cui
principale materia da regolare sarà, quasi sicuramente, il meccanismo di
prelazione sulle rispettive quote. Il gruppo emiliano, 18mila dipendenti, 64
stabilimenti in 11 Paesi, leader mondiale nel mercato della pasta e primo in
Italia nei prodotti da forno (Mulino Bianco), ha chiuso il 2007 con 4,2 miliardi
di euro di ricavi (+4,3%»).
Allora
chi controlla realmente la Barilla? E’ in mano a industriali bellici?
Nell’interrogazione parlamentare del 13 giugno 1985 (numero 3-00953) –
focalizzata anche sulla Ferrero – dei senatori Bonazzi e Riva, indirizzata ai
ministri del commercio con l’estero, dell’industria, del commercio e
dell’artigianato e del tesoro, è scritto:
Premesso:
che il 71 per cento della Barilla G. e R. f.lli s.p.a. è posseduto da soggetti
di nazionalità non italiana, e cioè per il 40 per cento dalla
Financieringsmatschappy Relou N.V. di Amsterdam, per il 16 per cento dalla Pagra
A.G. del Liechtenstein e per il 15 per cento dalla società svizzera Loranige
S.A.; che 1’81,5 per cento della P. Ferrero e C.S.P.A. è pure posseduto da
soggetti esteri, e cioè il 18,75 per cento dalla olandese Brioporte B.V. ed il
25 per cento, per ciascuna, dalle svizzere Nelgen A.G. e Creitanen A.G.; che
diversi organi di stampa hanno dato notizia, non smentita, che le società estere
che possiedono la maggioranza delle azioni delle due società farebbero capo a
soggetti di nazionalità italiana, si chiede di sapere: se sia vero che le
società estere che possiedono la maggioranza delle azioni della Barilla G. e R.
f.lli s.p.a. e della Ferrero e C.S.P.A. fanno capo a soggetti di nazionalità
italiana; come, in tal caso, è stato possibile realizzare tale situazione; se
tutto questo sia compatibile con le vigenti norme valutarie e
fiscali.
Scava
e scava affiorano le maxi-tangenti di Pietro (padre di Guido Maria, Luca, Paolo,
Emanuela), il caso Sme, il piduista Berlusconi Silvio (tessera gelliana numero
1816). E poi ancora il pregiudicato Cesare Previti, un esperto in materia di
conflitto di interessi alla stregua del suo stesso padrone. Proprio il soldato
Previti, relatore del disegno di legge di riforma che ha smantellato la legge
185 del 1990 (una norma che imponeva un controllo reale sul traffico di armi).
Previti Cesare è stato anche il primo vice presidente dell’Alenia e ha
continuato a sedere nel consiglio d’amministrazione dell’azienda bellica fino al
1994. In un altro libro, stra-documentato ed intitolato Mani
Pulite, la vera storia, scritto dai colleghi Barbacetto, Gomez e
Travaglio (Editori Riuniti, 2002), si rileva minuziosamente (pagg. 472-474):
Allo
scandalo Sme il pool arriva da solo, senza l’aiuto di Stefania Ariosto:
indagando sui conti del finanziere Franco Ambrosio, e risalendo da questi ai
conti di un imprenditore in affari con lui, Pietro Barilla (deceduto nel 1993,
ndr) si imbatte nel conto zurighese usato da Barilla per pagare tangenti a Dc e
Psi. Da quel conto il 2 maggio e il 26 luglio 1988, partono due bonifici di
circa 800 milioni e 1 miliardo per l’avvocato Pacifico. Questi versa poi 200
milioni al giudice Verde, 850 a Previti e 100 a Squillante. Perché convocato dal
pool, Guido Barilla, figlio del defunto Pietro, non sa spiegare perché mai suo
padre avesse versato tutto quel denaro a due avvocati che non avevano mai
lavorato per lui. Sembra una storia gemella dell’Imi-Sir (…) Intanto l’uomo di
Arcore invita a cena in un ristorante di Broni due degli inserzionisti
pubblicitari più affezionati delle sue tv, Pietro Barilla e Michele Ferrero. E
li convince seduta stante a costituirsi in una nuova società, la Iar, che si
propone di rilevare la Sme al prezzo di 600 miliardi. La nuova offerta viene
ufficializzata dai Barilla e Ferrero nell’ultimo giorno utile, il 25 maggio: il
ministro delle Partecipazioni statali Clelio Darida si assenta dalla stanza dove
sta per avvenire la firma del contratto Prodi-De Benedetti per ricevere, al
telefono, l’improvviso rilancio (…) La Sme resterà all’Iri. Ma Barilla e Ferrero
sono contenti ugualmente: il loro scopo era semplicemente quello di impedire a
De Benedetti di dare vita a un colosso alimentare che probabilmente li avrebbe
schiacciati. Missione compiuta anche per Silvio Berlusconi.
Sempre
per masticare la pasta dei Barilla, ovvero “la pubblicità dei buoni sentimenti”,
sfogliamo un altro testo dei medesimi autori (brutti e cattivi, sic!),
titolato Mani
Sporche (Chiare Lettere, 2007); a pagina 63 è attestato senza tema di
smentite:
Il
2 maggio Barilla bonifica 750 milioni a Pacifico, che li preleva in contanti e
li porta in Italia. Mentre la Cassazione esce con la sentenza definitiva, Verde
comincia a depositare decine e decine di milioni cash sul suo conto italiano. Il
26 luglio, due settimane dopo il verdetto di Cassazione Barilla – capocordata
della Iar – riapre il rubinetto svizzero e accredita un’altra provvista,
stavolta di 1 miliardo, a Pacifico. Il quale la suddivide fra Previti (850
milioni) e Squillante (100 milioni), stavolta per bonifico bancario, riservando
a se stesso appena 50 milioni. Perché mai il socio di Berlusconi nell’affare Sme
dovrebbe pagare un miliardo e 750 milioni a due avvocati di Berlusconi che
neppure conosce e a un giudice di Roma, anch’egli a lui sconosciuto, se nella
causa Sme fosse tutto regolare? (…) L’accusa non ha dubbi: corruzione in atti
giudiziari per compravendere la sentenza Sme che consentì a Berlusconi di
sconfiggere De Benedetti. Esattamente come avvenne poi nel 1991, con la sentenza
Mondadori.
Dunque,
soci ed alleati finanziari in realtà produttori e trafficanti di armi ed ordigni
di primo livello. Nel 2002 la multinazionale alimentare italiana si è allargata
al mercato tedesco acquistando, per un miliardo di euro, la Kamps, produttrice
di pane e crackers. L’anno successivo ha comprato per 517 milioni, la Harrys,
azienda francese dello stesso comparto. I soldi necessari alla Barilla sono
stati elargiti dalla Banca Popolare
di Lodi - attraverso cui passano transazioni finanziarie per la
compravendita di armi anche a nazioni in guerra o prive di democrazia in barba
alla legge 185/1990 s.m.i. (vedi: Relazioni al Parlamento italiano) – che ha
costituito una nuova società, la Finba Bakery, e poi in marzo ha girato il 17
per cento della capitale della Finba a vecchie conoscenze della Barilla: tramite
la solita finanziaria anonima, la Gafina, la quota è passata nelle mani della
famiglia Anda-Bührle, presente nel capitale Barilla con una partecipazione del
15 per cento dal 1979. Ecco la sorpresa. Nel Memorial Journal Officiel du
Grand-Duché de Luxembourg (edizione del 4 maggio 2004 – C n° 469) riaffiora una
società anonima: Bakery
Equity S.A. (capitale sociale: di 337.139.060 euro, suddivisi in
33.713.906 azioni aventi un valore pari a 10 euro cadauna), costituita dinanzi
al notaio Paul Frieders il 3 dicembre 2002. In qualità di amministratore spicca
il faccendiere Gratian Anda accanto agli italiani Francesco Mazzone e Fabio La
Bruna. L’oggetto principale è l’acquisizione e il controllo di interessi in
Finbakery, Partner G, Finbakery Netherlands e Gibco. All’interno di questo
calderone ribolle un minestrone finanziario: Barilla Holding (Parma), Finba
Bakery Holding (Dusseldorf), Finbakery Netherlands (Amsterdam), Banca Popolare
di Lodi (Lodi), Finbakery Europe (Dusseldorf), Gafina (Rotterdam), Gibco o più
dettagliatamente Lombok Limited (Gibilterra, un paradiso fiscale), Harrys,
Kamps, Ramisa (Convention principale d’investissement et d’actionnariat
reformulée et amendée, siglata il 4 novembre 2002 da Bpl, Azionariato
industriale e Barilla Holding S.p.a.), Dutch Foundation (Stichting Bakery
Finance di Amsterdam), Finba Luxembourg. In Bakery Equity Luxembourg S.A. figura
anche una vecchia conoscenza di casa Barilla (attuale consigliere di Barilla G.
e R. Figli S.p.A. nonché Lieken AG) Nicolaus Issenmann (nato a Zurigo il 6
maggio 1950). Ovvio, non è tutto. Dopo una girandola di fusioni, apparentamenti,
coperture, scatole vuote, capitalizzazioni e trasferimenti di capitali urgono
gli approfondimenti al di là delle Alpi. Il 30 aprile 2009 Ticino Finanza
affonda il bisturi nella piaga purulenta:
E
buonanotte ai suonatori… Arrivano Spagnoli e Italiani e se ne vanno gli
Elvetici. Infatti, se aprono CMB e Santander, esce dal mercato luganese la banca
zurighese IHAG. Al 31 dicembre 2008 il profitto operativo lordo di IHAG
Privatbank era di 21.6 mio CHF e il profitto netto 14.6 mio. La banca impiega
circa 93 dipendenti. Il personale che operava a Lugano è stato assorbito da
altri Istituti, tra cui quelli aperti di recente sulla nostra piazza
finanziaria. La banca, presieduta da Gratian Anda, nipote di Emil Georg Bührle,
ha partecipazioni in Privatbank IHAG Zürich AG, AdNovum Informatik AG, la
fabbrica d’aerei militari e civili Pilatus Flugzeugwerke AG, Hotel Castello del
Sole, Hotel zum Storchen, Stockerhof Immobilien, Terreni alla Maggia SA, Private
Equity Beteiligungen, Tenuta di Trecciano SA. IHAG rimane dunque in Ticino con
un albergo, vini, polenta e la produzione del riso che cresce alla latitudine
più settentrionale d’Europa, nel delta della Maggia. Gratian Anda siede inoltre
nel CdA della Holding Barilla, in Italia che per il 15% fa capo alla sua
famiglia, mentre l’azienda d’armi storica di famiglia Oerlikon-Bührle è stata
ristrutturata, vendendo alcune attività e nel 2000 cambiando il nome in Unaxis.
IHAG Privatbank dichiara di essere composta da banchieri “denen Sie Ihr
Vertrauen schenken können” ovvero in cui possiamo credere e che è caratterizzata
da uno spirito di famiglia “das Familiäre kennzeichnet unsere Bank”. Per
famiglia, si intendono forse i signori Bührle e Anda che spendono cifre
considerevoli nella sponsorizzazzione di mostre d’arte della Foundation E. G.
Bührle Collection nella Zollikerstrasse (Emil Georg Bührle, 1890-1956, è stato
il noto produttore di armi nella Oerlikon-Contraves e fondatore della banca
IHAG) e di concerti e concorsi musicali come il Concours Géza Anda. Con i tempi
che corrono per il Private banking, e visti i risultati concreti di marketing e
immagine di una forma obsoleta di comunicazione quale ormai è la
sponsorizzazione, forse certe banche dovrebbero smettere di sviolinare e di
farsi suonare da improbabili pifferai magici e mettersi a fare banca un po’ sul
serio… Le banche svizzere si sono buttate a tagliare in maniera decisa i costi a
causa dell’attesa contrazione di quest’anno per la crisi economica globale, il
che si è tuttavia tradotto solo in chiusure e licenziamenti “diversamente
confezionati”, ma sarebbe ora che si affrontasse in maniera professionale
competente quella che viene chiamata da tutti ‘crisi’ che è in realtà un
profondo cambiamento strutturale che esige una strategia chiara e illuminata e
una politica forte. E quanto a questo, abbiamo visto come è finita con il
segreto bancario….
L’11
maggio 2009 appare sul Corriereconomia la precisazione Barilla:
Nella
tabella pubblicata a corredo dell’articolo del 4 maggio su “Barilla, cambio al
vertice e ritorno all’industria”, si attribuisce alla famiglia Anda-Bührle,
azionista di gafina BV, anche la proprietà della F. Relou BV. Il dato non è
corretto. La catena di controllo dle gruppo è infatti la seguente: Barilla
Holding e Gafina detengono, rispettivamente, lo 85% e il 15% del capitale di
Finba Iniziative (in futuro chiamata Barilla Iniziative), la quale controlla
direttamente o indirettamente il 100% della Barilla G. e R. Fratelli S.p.A. Più
in particolare, Barilla Iniziative detiene il 50,62% del capitale della Barilla
G. e R. Fratelli e il 100 % della Finanziaria Relou BV, che a sua volta detiene
il 49,38% della stessa Barilla G. e R. Fratelli.
Veline?
Ecco un comunicato stampa aziendale:
Barilla,
prima azienda italiana al mondo per reputazione. Il Reputation Institute assegna
a Barilla il primato per la reputazione tra le aziende italiane e la prima
posizione in assoluto nel settore alimentare. Parma, 25 maggio 2010. Secondo una
ricerca del Reputation Institute di New York, condotta tra le 600 aziende più
importanti al mondo, classificate per fatturato, Barilla si aggiudica la
diciannovesima posizione tra quelle con la migliore reputazione, prima tra le
italiane e prima in assoluto nel settore alimentare. I risultati della ricerca,
pubblicati sul sito della rivista Forbes, sono stati ottenuti attraverso la
consultazione diretta dei consumatori in 24 paesi nei diversi
continenti.
Nell’ultimo
bilancio ufficiale (anno 2009), il presidente Guido Maria Barilla certifica
euforicamente:
Il
fatturato consolidato 2009 del Gruppo Barilla che comprende Barilla G. e R.
Fratelli e Lieken e opera principalmente in Italia, Stati Uniti, Francia
Germania e Nord Europa, si è attestato a 4.171 milioni di euro (…) il risultato
netto evidenzia una perdita netta di 101 milioni di euro (…) il Gruppo ha
confermato l’ottima solidità finanziaria derivante da una costante generazione
di cassa e dal consolidamernto del debito che rimane stabile a 877 milioni di
euro (…) In Italia continuiamo a mantenere un comportamento
virtuoso.
E
nel resto del mondo, invece? «Lo stile – come sosteneva Pietro Barilla – è un
modo di comportarsi che “implica tante cose”. Tutto ciò significa soprattutto
ispirarsi a principi e valori condivisi che si richiamano al consenso». A pagina
12 del Codice Etico aziendale è specificato:
uno
degli aspetti centrali che qualificano la condotta di Barilla è costituito dal
rispetto dei principi di comportamento intesi a garantire l’integrità del
capitale sociale.
Appunto, i soldi, ricevuti dalla produzione e vendita di armamenti; utili poi investiti dai soci elvetici in strumenti di morte. Armi: un’offerta di qualità che aiuta a vivere meglio dentro e fuori casa Barilla. Consigli per gli acquisti: infarinare bene le carte, negare l’evidenza e oscurare il pensiero critico. Complimenti e buon appetito.
Appunto, i soldi, ricevuti dalla produzione e vendita di armamenti; utili poi investiti dai soci elvetici in strumenti di morte. Armi: un’offerta di qualità che aiuta a vivere meglio dentro e fuori casa Barilla. Consigli per gli acquisti: infarinare bene le carte, negare l’evidenza e oscurare il pensiero critico. Complimenti e buon appetito.
(elaborazione
grafica di F. G.) Fonte:
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